Rivista, Libri ed Eventi su Spiritualità - Nuove Scienze - Arti - Benessere

“TUTTI PRONTI PER IL TELETRASPORTO?” di Gianni Vota

“TUTTI PRONTI PER IL TELETRASPORTO?” di Gianni Vota

Un viaggio dalla fantascienza fino alla scienza  con tutte le sue implicazioni scientifiche,
sociali e spirituali del XXI secolo.
La prima tappa è il fenomeno più sconcertante: l’Entanglement Quantistico.

“Beam me up, Scotty!”
Così il Capitano Kirk esclamava, nel celebre telefilm “Star Trek”, dando l’ordine di iniziare il teletrasporto.
All’epoca tutto questo era definito fantascienza… e oggi invece?

Il periodo storico attuale è estremamente delicato e suggestivo da un punto di vista di progresso scientifico e spirituale, poiché stiamo assistendo – forse per la prima volta nella storia dell’umanità – a un graduale incontro tra queste due discipline. È l’inizio di un’unione che, a parer mio, diventerà inscindibile.
Siamo di fronte all’imponenza dell’antica spiritualità, che conta migliaia di anni di riflessioni e approfondimenti. Impossibile non ricordare, per esempio, il simbolismo dell’I Ching – libro oracolo che vanta più di 5.000 anni di età – che accompagna i saggi di ogni epoca da Confucio a Jung. Arrivando alla scienza classica, intendendo la scienza che nasce da Galileo, quindi risalente a 500 anni fa. Più di 5.000 anni da una parte e solamente 5 secoli dall’altra.
Eppure la scienza, oggi, è diventata una metafora molto importante. Vedremo come la fisica, studiando il microcosmo tanto da arrivare all’invisibile, stia raggiungendo velocemente a conclusioni che si avvicinano in modo impressionante ai concetti spirituali di sempre. Per fare questo bisogna però iniziare a segnare un confine tra la scienza classica e la fisica quantistica, poiché rappresentano due modi molto diversi di studiare e interpretare il mondo.

Sono indubbi i vantaggi e i riflessi sulla qualità di vita che abbiamo avuto negli ultimi secoli grazie alla scienza e alla tecnologia: viviamo più a lungo; apparentemente siamo in grado di curare molte più malattie; abbiamo comodità impensabili fino a pochi decenni fa. Ma i limiti ci sono.
Siamo ben lontani dal poter dire che abbiamo capito tutto. È imbarazzante, per esempio, dover ammettere che dell’Universo intero conosciamo meno del 4%, contando anche i gas intergalattici! Quello che i fisici chiamano materia oscura o energia oscura rappresenta il 96% mancante. Oscura nel senso che ci è completamente ignoto di che cosa si tratti.

Il paradosso della fisica quantistica relativista
La fisica quantistica relativistica è totalmente paradossale, sconcertante, inquietante e sicuramente contro-intuitiva. Quando si comincia ad affrontarla è mal di testa assicurato. Un male che sta accompagnando i fisici da più di un secolo.
Eppure è il modello più potente che sia mai stato sviluppato per la previsione dei comportamenti dei sistemi fisici. Permette la previsione dei fenomeni fisici con una precisione di 1 su 1 miliardo.
La fisica quantistica nasce da scoperte scientifiche fatte tra il 1900 e il 1932, che sono partite dal mondo subatomico, il mondo delle particelle, ovvero fotoni ed elettroni. Ma riguarda anche l’uomo. È un viaggio che va a sconvolgere le nostre menti newtoniane, perché noi tutti siamo cresciuti con il concetto della fisica di Newton, che è ancora quello che normalmente i mass-media, i giornali e spesso gli scienziati stessi, usano.
Eppure tutta la moderna tecnologia funziona solo perché la fisica quantistica relativistica funziona.

Entanglement, la follia della fisica quantistica
Tra i tanti fenomeni “folli” della fisica quantistica, uno è così sconvolgente che cambia tutta la storia della scienza e per il quale forse dovranno essere riscritti tutti i libri di fisica: l’Entanglement!
Venne ipotizzato per la prima volta nel 1926 da Erwin Schrödinger che fu anche il primo a introdurre nel 1935 il termine entanglement (letteralmente “groviglio”, “intreccio”) in una recensione del famoso articolo sul “Paradosso EPR”.
L’entanglement è una delle proprietà della meccanica quantistica che portarono Einstein e altri a metterne in discussione i princìpi della fisica quantistica stessa. Nel 1935 lo stesso Einstein, Boris Podolsky e Nathan Rosen, formularono il celebre “Paradosso EPR” (dalle iniziali dei tre scienziati), che metteva in evidenza, appunto come paradossale, il fenomeno dell’entanglement.
È il mistero che faceva perdere il sonno ai padri della meccanica quantistica, da Niels Bohr ad Albert Einstein. A quest’ultimo l’idea non piaceva affatto e, anzi, fu il primo a sollevarla per dimostrare l’infondatezza della fisica quantistica per spiegare la vera natura della realtà. Ma alla fine le prove sperimentali gli diedero torto. L’entanglement rappresenta il paradosso più difficile da accettare della teoria dei quanti, poiché implica un’azione “fantasmatica” a distanza, ossia senza nessuna intermediazione – che sembra anche violare il principio per cui nessuna informazione può superare la velocità della luce. Fu proprio Einstein a usare quelle parole – “azione fantasmatica a distanza” – ormai entrate nella storia per definire l’entanglement.

L’entanglement è rimasto a lungo un concetto astratto, teorico, fino al 1964 quando John Bell ne dimostrò la fattibilità, e dal 1980 ci sono esperimenti che lo confermano: fu per la prima volta dimostrato sperimentalmente da Alain Aspect e in seguito Anton Zeilinger, il “guru” del teletrasporto quantistico, ne ha date nuove inoppugnabili dimostrazioni.

La direzione anomala delle particelle
Secondo la fisica quantistica, se collego due particelle (fotoni, elettroni o altro) e cerco di cambiare assetto a una di esse, istantaneamente cambia l’assetto anche dell’altra. Ovvero, immaginando che queste due particelle abbiano una freccia che le attraversa, le collego in modo tale che se una ha la freccia che punta in alto, l’altra deve avere la freccia che punta in basso, in questo modo si può osservare che se ne giro una – cambiando quindi la direzione della freccia – automaticamente cambia quella a lei collegata puntando la freccia al lato opposto. Tutto questo si chiama ENTANGLEMENT.
La cosa interessante è che il cambiamento è assolutamente istantaneo, indipendentemente dalla distanza. Ciò significa che se io tengo qui con me una delle particelle e mando l’altra a duemila anni luce da qui (che tradotto significa che un segnale che parte ora, per raggiungerla impiega duemila anni se va veloce come la luce), ci aspetteremmo che se giro quella che si trova qui con me, l’altra giri tra duemila anni. Anche perché sappiamo che in teoria nulla può andare più veloce della luce. Invece la particella che sta nell’Universo cambia istantaneamente con quella che è rimasta qui.
Questo sì che ha fatto arrovellare i fisici!

L’interazione delle strutture della materia
Secondo l’entanglement quando due strutture della materia interagiscono, cambiano e non possiamo più descriverle come le avremmo descritte prima.
Così scrisse Erwin Schrödinger (premio Nobel per la fisica nel 1933, e uno dei grandi “padri” della fisica quantistica) nel 1936: «Quando due sistemi (particelle, oggetti, persone…) dei quali conosciamo gli stati sulla base della loro rispettiva rappresentazione, subiscono un’interazione fisica temporanea dovuta a forze note che agiscono tra di loro, e quando, dopo un certo periodo di mutua interazione, i sistemi si separano nuovamente, non possiamo più descriverli come prima dell’interazione, cioè dotando ciascuno di loro di una propria rappresentazione».
Come dire che per il fatto che ho conosciuto una persona, io non sono più descrivibile come prima perché il collegamento energetico rimane, per sempre.
Che cosa viene fuori allora dall’entanglement?
Che nell’universo c’è un principio di non località attraverso il quale avvengono fenomeni come se ogni cosa fosse in varia misura in diretto e istantaneo contatto con ogni altra, indipendentemente dallo spazio fisico che le separa. Io sono sempre in contatto con chi vive in Nuova Zelanda, con Plutone o con Alpha Centauri.
Un elettrone può istantaneamente cambiare lo stato di un altro elettrone che si trova dall’altra parte dell’Universo, utilizzando solo se stesso.
La questione è sempre più studiata e approfondita, ci sono riviste scientifiche di prim’ordine tipo “Nature”, o “Scientific American”, che quasi ogni mese pubblicano articoli sull’entanglement.
In realtà, da un punto di vista matematico, l’entanglement sembra funzionare non solo nello spazio ma anche nel tempo:

University of Queensland (Australia)
•    C’è la possibilità di creare entanglement non solo nello spazio ma anche nel tempo
•    Nello spazio: nello stesso istante succede la stessa cosa a grandi distanze
•    Nel tempo: nello stesso punto succede la stessa cosa in epoche diverse
•    Ovvero collegare ciò che avviene in un certo posto in momenti diversi del passato, presente o futuro
•    Teletrasporto nel tempo

Il teletrasporto è possibile?
Con l’entanglement noi parliamo anche di Teletrasporto – che ricorda molto il telefilm “Star Trek”. Interessante sapere che a Vienna Zeilinger ha realizzato il teletrasporto di particelle attraverso il Danubio nel 2004. Per il momento è stato fatto a livello di fotoni, ma gli sviluppi scientifici fanno passi da giganti.
Si sta studiando il teletrasporto delle informazioni ovvero come teletrasportare i qbit (bit quantisico) di informazione a distanza.
Certo, il teletrasporto alla Star Trek è molto probabile che resti regno della fantascienza ancora molto a lungo!

La magia rinascimentale e l’entanglement
L’entanglement è forse la dimostrazione scientifica della magia rinascimentale, che parlava dell’azione a distanza, oggi spiegabile con l’esistenza di un campo di informazione pura che riempie l’Universo. La componente invisibile di ogni cosa interagisce costantemente con la componente visibile di ogni altra cosa che esiste, generando gli eventi presenti manifesti.
Naturalmente se uno ragiona secondo la fisica classica, tutto ciò che sostenevano gli alchimisti e i maghi rinascimentali è da deridere. Con la fisica quantistica possiamo cominciare invece a prendere tutto sul serio.
Non è un dettaglio il fatto che grazie alla fisica quantistica e all’entanglement siano possibili i computer quantistici del XXI secolo, che oggi sono anche a disposizione a livello commerciale. È del maggio 2013 l’annuncio di un lavoro a un progetto congiunto, fra Google e la Nasa, proprio utilizzando i primi computer quantistici commerciali. È un computer da 512 qubit in grado di risolvere problemi complessi a una velocità 3.600 volte maggiore rispetto ai computer tradizionali, e siamo appena agli albori di questa tecnologia!
L’entanglement suscita vari dibattiti. Alcuni scienziati tendono a sottolineare che questo principio funziona solo a livello di particelle, ma non dobbiamo dimenticare che NOI siamo fatti di particelle.

Un esperimento del 2006
Vediamo ora un altro interessante esperimento eseguito da Dean Radin nel 2006 (Entangled Mind):
Per lo svolgimento sono state coinvolte due persone che avessero una relazione, tipo marito/moglie o genitore/figlio, anche se in verità sarebbe sufficiente che si fossero incontrate e state in relazione per poco tempo.
Queste persone sono state separate e fatte accomodare in due stanze diverse – addirittura in due luoghi distanti l’uno dall’altro – misurando costantemente la loro attività cerebrale. Durante l’esperimento, una delle due persone venne tenuta al buio, a differenza dell’altra.
Si vide che, provocando delle situazioni forti tipo accendere improvvisamente la luce nella stanza buia, il cervello della persona che stava in quella stanza aveva delle reazioni e, analogamente, l’altra persona posta in un altro locale anche a grande distanza, aveva in quel preciso momento la medesima reazione nella stessa area cerebrale. Pur con l’assenza dello stimolo buio/luce.
Menti collegate: questo apre scenari completamente nuovi di comprensione. È possibile che una madre senta il figlio a distanza? In verità, come detto prima, è sufficiente avere una relazione anche molto meno intensa. Energeticamente è il collegamento cuore-cuore con le persone. Quindi immaginiamo tutta la gente con cui abbiamo avuto a che fare e che tipo di influenze reciproche abbiamo.

Scientificamente siamo agli albori di tutto questo, mentre a livello spirituale queste interazioni si conoscono molto bene e si è molto, molto più avanti di quello che tanti scienziati, con mille difficoltà e scetticismi, stanno gradualmente realizzando.

Universo: un immenso ologramma
Secondo David Bohm, il fatto che esista l’entanglement, vuol dire che l’Universo è un immenso ologramma.
Sappiamo che un ologramma è un’immagine tridimensionale a differenza, per esempio, di una fotografia che è un’immagine bidimensionale su un foglio.
Cerchiamo di capire bene la differenza: se prendo una fotografia e la strappo a metà, ho metà foto in un pezzo e l’altra metà sull’altro pezzo. E se continuo a strapparla avrò tanti pezzetti diversi della foto originale; quindi se volessi ricostruire l’intera immagine, dovrei riprendere tutti i pezzetti e rimetterli insieme, tipo puzzle. Con l’ologramma, invece, se lo taglio a metà o ne faccio tanti pezzi, in ognuno di essi avrò sempre l’immagine intera. In realtà c’è una minima perdita di informazione, ma di base ho tutta l’informazione in ogni pezzo, per piccolo o grande che io ne faccia.
Questo sembra aver a che fare con una struttura frattale dell’ologramma. I frattali sembrano essere con l’ologramma, la struttura di base dell’Universo: per cui ogni pezzo è una ripetizione esatta di una stessa struttura, dal microscopico al macroscopico.
Tutto questo ha portato David Bohm ad affermare che ogni minuscolo frammento dell’Universo, contiene sempre tutto l’Universo stesso. Così in alto, così in basso.
Noi ritroviamo in ogni pezzo il tutto, e non solo: se io faccio una modifica in un pezzo nel medesimo istante la stessa modifica la trovo in ogni altro pezzo (entanglement). Ciò che faccio in un pezzettino dell’Universo, si ritrova subito in ogni parte di esso.
Se così fosse, un mio pensiero, che influenza ha in tutto il resto dell’Universo?

L’Universo creativo e partecipativo
L’Universo meccanico è passivo, una macchina guidata da equazioni; l’Universo olografico è creativo e partecipativo (amorevole forse?).
La naturale osservazione è sulle varie discipline che possono venire in mente in seguito alla riflessione sugli ologrammi: l’iridologia, per esempio. Attraverso l’analisi dell’iride si legge tutto di una persona. Si può sapere come sta il corpo fisico, come stanno gli organi, come sta a livello emozionale; i traumi vissuti passati o ancora vivi, come sta la parte spirituale eccetera.
Nell’iride si ritrova in pratica tutta la persona. Inoltre l’iride cambia nel tempo.
Questo vale anche per la riflessologia plantare, dove sopra e sotto il piede si ritrovano ugualmente tutto lo stato fisico, emozionale e spirituale della persona.
Ma abbiamo tante altre discipline simili: la riflessologia dentale, sul viso, nelle mani, nell’orecchio, sulla lingua e persino sui genitali.
In ogni parte del corpo si ritrova tutto, insomma.

La separazione è soltanto un’illusione
Se il modello olografico è corretto, David Bohm afferma allora che, per via dell’entanglement, la separazione è un’illusione, e che le particelle sono in contatto indipendentemente dalla distanza. A livello più profondo, le particelle (e quindi tutti noi), sono estensioni di una stessa entità fondamentale. Perché la separazione è un’illusione.
Il cambio di mentalità consiste nel pensare che il mio libro e Alpha Centauri e una tigre nella foresta siano collegati, e nient’affatto separati.
Dice David Bohm: «Noi dobbiamo imparare a osservare qualsiasi cosa come parte di una Indivisa Interezza».

Che cosa ci dicono da sempre gli antichi maestri e l’antica spiritualità?

“MITA KUYE OYASIN”
“NOI SIAMO TUTTI UNO” (Lakota –Sioux)

di Gianni Vota