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“PIANO MIRRORING: L’ESPLORAZIONE SONORA DEI MONDI INTERIORI” di Alessandro Sironi

“PIANO MIRRORING: L’ESPLORAZIONE SONORA DEI MONDI INTERIORI” di Alessandro Sironi

Esplorare il mondo interiore di un individuo, agire su di esso, attraverso un uso empatico della musica.
E in diretta, in pubblico, all’interno della forma classica del concerto
e per mezzo di un semplice pianoforte al centro di una sala.
Qualcosa di nuovo sul fronte occidentale?

Il 2013 ha visto nascere una proposta che definire musicale sarebbe come limitare una nuova disciplina che fin dalla sua nascita ha subito smesso i soli panni dell’arte per vestire anche quelli dell’olismo antropologico.

Immaginate di ritrovarvi a un concerto. Questa volta non siete seduti in platea, ma su di uno sgabello posto alla coda di un pianoforte, mentre, tutto intorno, il pubblico è un semicerchio di persone. Davanti a voi c’è un pianista che – pur suonando – vi fissa costantemente negli occhi; un pianista che non è più solo un musicista, ma un uomo che tramite lo sguardo stabilisce con voi una misteriosa connessione che dura un tem po indefinibile. E da quella connessione, all’improvviso sentite nascere una musica, e quella musica vi riguarda in modo misterioso.

Stiamo parlando di PianoMirroring, l’esplorazione sonora dei mondi interiori.
Niente di nuovo sul fronte occidentale, potrebbe pensare qualcuno, annoiato dalla ripetitiva propaganda dello show-business musicale, che sulle impalcature della novità costruisce spesso edifici che di nuovo possiedono solo il tono promozionale.
Ma qui lo show-business non c’entra, almeno per ora.
E per giunta, qui di nuovo qualcosa c’è.

La musica oggi
Nella nostra società la musica dilaga ovunque, in ogni dimensione della vita e sotto molteplici forme.
La conosciamo come atto di svago, di relax, come oggetto di disquisizioni intellettuali, oppure come stampella, a volte, nei momenti vuoti – sfociando quasi nella dipendenza per coloro i quali il silenzio è una dimensione proibitiva.
Gli organi di comunicazione ne conoscono il potere affabulatorio, inserendola praticamente ovunque, a tal punto che la musica è divenuta una sorta di companatico del mondo, e del quale spesso non ne percepiamo più il gusto.
Nelle sale da concerto conosciamo bene la moderna cerimonia in cui, sull’altare del palcoscenico, l’artista-sacerdote compie il rito di trasfigurazione della materia attraverso il suono.
Questa cerimonia la conosciamo a tal punto che l’abitudine, forse, le ha tolto la sacralità, lasciando spesso il posto a una quotidiana profanazione sonora, mutuata attraverso una forma radicata e accettata degli aspetti egoici dell’artista moderno.
D’altro canto, sappiamo da sempre quanto la musica sia in realtà un potente tramite per entrare in contatto con le parti superiori della psiche; un portale tra il mondo fisico e quello cosiddetto metafisico, o – a seconda dei linguaggi – tra conscio e inconscio, tra l’umano e il divino.
Sia essa inserita in un contesto religioso o che semplicemente si tratti di una pura e agnostica esperienza del numinoso, alla musica viene da sempre riconosciuta la facoltà di muovere l’attenzione degli esseri umani verso quel mistero insondabile, indescrivibile poiché incomprensibile alla ragione.

Se il vecchio mondo occidentale fa della musica una merce, il nuovo mondo in arrivo – che si esprime attraverso una visione olistica della vita – si ritrova oggi a essere pieno di proposte in cui la musica si offre come atto di guarigione, e con lo scopo di riportare l’individuo a una dimensione più umana e armonica, anche attraverso l’uso del suono per raggiungere stati alterati della coscienza.

Qualcosa di nuovo?
Ma tutto questo, appunto, lo conosciamo già.
Quello che fino a ora non conoscevamo era la possibilità di esplorare il mondo interiore di un individuo singolo, di agire su di esso attraverso un uso empatico della musica. E tutto ciò in diretta, in pubblico, all’interno della forma classica del concerto, per mezzo di un semplice pianoforte al centro di una sala e in un linguaggio intelligibile.
Non conoscevamo la possibilità di manifestare sonoramente l’individuo, raccontando il suo vissuto, eleggendolo a partitura in divenire, interpretabile momento per momento, come se la persona rispecchiata emanasse una musica disincarnata, in attesa di essere percepita, riconosciuta e infine materializzata. E non solo: una musica capace di connettersi con le parti profonde della persona e a quella manifestarle, rendendola così cosciente delle sue zone oscure e luminose.
Tutto ciò accade durante le performances di Alessandro Sironi, pianista, compositore e soprattutto ideatore di “PianoMirroring”. Musicista che, non a caso, si scopre essere un eclettico ricercatore nelle discipline che si rivolgono allo sviluppo dell’essere umano.

PianoMirroring
Se sulle prime potrebbe apparire come un tentativo di definire musicalmente un individuo ritraendolo per ciò che è, trovando retoricamente la sua musica, si sarebbe in errore. PianoMirroring, infatti, non è il gioco curioso di realizzare ritratti musicali, fissando la persona entro statiche cornici sonore, ma la possibilità di cogliere i suoi aspetti invisibili, rispecchiando i suoi movimenti interiori finalmente conoscibili attraverso il suono.
E neanche è il tentativo di portare l’ascoltatore su un piano di coscienza alterata, attraverso formule ripetitive e ipnotiche care alle tradizioni sciamaniche o alle rivisitazioni di esse in chiave moderna.
Si tratta sempre di un fenomeno artistico, benché sia chiaro che parliamo di una dimensione che travalica l’arte per come la intendiamo; e tutto ciò non può non far nascere alcune considerazioni a proposito del mondo che stiamo vivendo e che sta mutando giorno per giorno sotto i nostri occhi.
L’affermazione della dignità individuale, benché ancora spesso negata, si sta offrendo come via di salvezza da un sistema in decadenza. L’attenzione rivolta all’interiorità sana – ovvero quella che abbia sviluppato le qualità armoniche dell’essere – la riscoperta dell’originalità di ogni essere umano e del suo diritto a esprimersi, sembrano essere i segni distintivi del mondo che sta giungendo.

La musica sta mutando il suo ruolo nella vita dell’essere umano e PianoMirroring appare profondamente allineata con il mutamento delle forme in atto a livello mondiale; mutamento che vuole certamente una nuova coscienza collettiva, ma senza abbandonare il prezioso dono dell’individualità.
Assistere a questo evento significa ritrovarsi all’interno di una nuova concezione dell’arte, nella quale l’artista è al servizio diretto dell’evoluzione dell’individuo, e il cui scopo ci riporta a qualcosa di cui sentiamo estremamente bisogno: la sete di conoscere noi stessi, di scoprirci esseri luminosi e musicali.
Qui l’essenza della persona – intesa come interiorità in attesa di essere rivelata – è il centro, è l’opera da guardare e da ascoltare, è il capolavoro in divenire e che addirittura si scopre tale durante la performance, senza mai cadere nella confortante lusinga emozionale.
Ora il pubblico si muove per ascoltare non più la somma dei suoni emessi, le concatenazioni armoniche, il virtuosismo del pianista; anche questo. Ora si va ad ascoltare se stessi, il fidanzato, il vicino di casa – la musica che proviene dal suo corpo, dalla sua psiche – e che tanto parla di lui, poiché lontana da parole e concetti.
E ciò che stupisce è che quella musica non preesiste all’evento, nasce lì, si scrive nell’esatto momento in cui la connessione comincia, come se provenisse dalla persona; una musica che non è più improvvisazione, ma invenzione in diretta e che dà luogo a composizioni di senso, armoniche e strutturate.
E se si pensasse che solo la persona rispecchiata goda del fascio illuminante della musica, ci si sbaglierebbe.
I rispecchiamenti individuali sono introdotti da mirroring collettivi, nei quali il pubblico è letto nella sua totalità, formata dalle singole individualità, oppure a coppie, o piccoli gruppi, dove ogni nota riconosce, connette e assembla. Ne esce una curiosa forma di aggregazione emozionale – così la chiama Sironi –  nella quale il pubblico non è più spettatore, ma costantemente partecipante.
L’idea di soggetto muta. Non si sa più chi guarda e chi è guardato. Tutto diviene simbolo del proprio mondo; ognuno non è più un corpo passivo tra tanti, ma un soggetto finalmente uscito dall’anonimato della platea.

Le reazioni
I commenti delle persone che hanno partecipato a questa esperienza, pur essendo tutti diversi nei contenuti, posseggono i tratti comuni dello stupore.
Difficile restare indifferenti.
Ognuno si sente visto nella propria interiorità profonda.
Molti rivedono brani della loro vita, altri ne colgono una coerente sintesi; riaffiorano ricordi, pensieri rimossi, emozioni perdute. Qualcuno ha delle visioni, idee, lampi dell’intuizione. Più volte giunge una carezza interiore, uno scuotimento. Per altri un messaggio chiaro, come se una voce avesse offerto un’indicazione precisa.
E quando la connessione avviene, con il cuore aperto, allora è facile accorgersene, poiché la musica si fa piena di una sottile grazia che giunge come una benedizione sul partecipante.
Dopo l’esperienza, le persone hanno l’impressione di essere state attraversate, sollevate, rincuorate, e la gratitudine sembra essere il sentimento costante, come se da quella musica si fosse ricevuto qualcosa di importante.

Il futuro
Le applicazioni di questa disciplina sono molteplici, anche ben al di là dell’esperienza di una sera.
Nasce il desiderio di ricevere mirroring come seduta privata di autoconoscenza, vissuta in solitudine, o attraverso incontri di gruppo di uno/due giorni in cui una moltitudine di esperienze permetta un’esplorazione più vasta del proprio mondo interiore.
Benché molti partecipanti avvertano in questa nuova forma d’arte musicale un potere di guarigione, è difficile comprenderne le implicazioni terapeutiche. Nessuna velleità in quel senso da parte di Sironi – o non dichiarata, almeno – sebbene nel partecipante si abbia la netta impressione che qualcosa di profondo accada, una mutazione interiore della quale alcuni riferiscono nei giorni a seguire.
In ogni caso, PianoMirroring fatica a restare confinato nell’ambito artistico, a meno che la parola arte torni ad assumere un significato nel tempo andatosi perduto, ovvero una via di guarigione attraverso i simboli.
Certamente, se per guarigione s’intende la medicalizzazione della vita, non è ciò che questa disciplina propone.
Se, invece, per guarigione si intende l’uscita dall’ignoranza a proposito di se stessi e del mondo che ci circonda; se conoscere se stessi in profondità attraverso la presa di coscienza dei propri simboli è la via per giungere a quel benessere interiore ed esteriore chiamato felicità, allora in questo senso PianoMirroring è uno splendido modo per approfondire quella ricerca alla quale molti di noi si sentono chiamati.