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“OLTRE LE COLONNE D’ERCOLE, IL CORAGGIO DELLA “SCIENZA PERDUTA” ” di Vincenzo Valesi

“OLTRE LE COLONNE D’ERCOLE, IL CORAGGIO DELLA “SCIENZA PERDUTA” ”  di Vincenzo Valesi

di Vincenzo Valesi

Con questo brano introduttivo iniziamo il nostro viaggio nell’universo delle medicine naturali: termine comprensivo principalmente di alcune branche quali l’Omeopatia, l’Omotossicologia, l’Agopuntura, la Fitoterapia, costituenti il nucleo centrale di un discorso terapeutico che parte da molto, molto lontano.
Amo identificare l’essere umano secondo il concetto di persona vista come soggetto sacro, nel senso più laico del termine, un microcosmo armonizzato nel macrocosmo dell’universo. Nei molti anni in cui ho esercitato questa professione, non sono mai riuscito a vedere l’uomo come una macchina, sia pure perfetta, fatta di parti intercambiabili o a compartimenti stagni, ma come il tempio dello spirito – inconscio collettivo – a cui ognuno di noi è collegato da fili invisibili, in un rapporto di intelligenza e amore, che passa anche attraverso l’evoluzione della conoscenza, oltre che del sentire.
Non dobbiamo rinunciare alle conoscenze e ai progressi della scienza, ma semplicemente integrarle in una visione energetica spirituale che dia dignità e senso alla nostra storia di uomini, e una giustificazione etica senza la quale nessuna attività umana può evolvere ed essere fonte di benessere.
La Medicina si propone di alleviare le sofferenze degli uomini, fisiche e psichiche, ma non è una scienza: la medicina “utilizza” la scienza, ma non si identifica con essa, potendo attingere con altrettanto dovere di necessità dalla filosofia, dalla pittura, dalla musica, dal teatro, dal rapporto con gli altri esseri viventi, anche non umani.

Omeopatia, riscoperta di una scienza antica
Per quanto riguarda l’omeopatia, forse potrà interessare sapere che una delle leggi che ne governano l’utilizzo, quella dei simili o di analogia (le altre sono la diluizione e la dinamizzazione delle sostanze utilizzate), è stata postulata molto tempo prima dell’era di Hahnemann.
Infatti già colui che è considerato universalmente il padre della medicina occidentale, e in rispetto ai cui principi etici i giovani medici pronunciano un giuramento solenne, Ippocrate di Kos (460-370 a.C.) postulava che quando fosse possibile individuare la causa di un disturbo si dovesse applicare il principio dei contrari, mentre qualora questo non fosse stato possibile, (cosa nemmeno tanto rara, visto che anche oggi spesso si parla di malattie ”essenziali”, ossia senza una riconosciuta causa) si dovesse applicare invece la legge dei simili.
Christian Friedrich Samuel Hahnemann (Meissen, Sassonia 10-11 Aprile 1755 – Parigi, 2 Luglio 1843) in era moderna ha ripreso questo principio che non è in realtà nuovo, e lo ha elaborato sia teoricamente che sperimentalmente codificandolo nei suoi “sacri” testi per i medici della sua epoca.
Non posso trascurare inoltre di ricordare altri due grandi maestri suoi “ideali” discepoli quali Costantino Hering (1800-1880) e James Tyler Kent (1849-1916) entrambi convertitisi a questo “nuovo principio” terapeutico per vicende personali e famigliari.

Omotossicologica, la nuova omeopatia
Dobbiamo essere grati anche a Hans Heinrich Reckeweg (1905-1985) che con l’omotossicologia si è proposto di gettare un ponte fra l’omeopatia classica e la medicina moderna.
L’omotossicologia non esclude l’omeopatia, ma ne vuole rappresentare l’evoluzione in chiave contemporanea, modulabile sulla base delle conoscenze scientifiche degli ultimi decenni e dei nuovi strumenti di diagnosi. Rappresenta anche uno strumento di proposizione al mondo scientifico dei modelli omeopatici: la legge dei simili e la diluizione infatti non possono limitarsi a un fatto empirico basato solo sulla soggettività o su affermazioni dogmatiche. I dogmi sono un freno per l’evoluzione della società, dell’uomo, della medicina. Pertanto, se vogliamo davvero che questo “nuovo” modo di curare come diceva Hahnemann, venga accettato e acquisti dignità scientifica, dobbiamo giustamente sottoporlo a dei test “scientifici”. Pur consapevoli di alcuni aspetti legati alla soggettività di ogni risposta terapeutica, siamo in accordo col principio enunciato dalla fisica quantistica il quale afferma che un fenomeno fisico può essere modificato da colui che lo osserva.
Al di là delle varie scuole di pensiero, possiamo dire che, in sintesi, sia l’omeopatia che l’omotossicologia utilizzano sostanze diluite e dinamizzate. Nel caso dell’omotossicologia, assemblate in composti armonizzati fra di loro secondo il principio di sinergia di Burgi.
Pertanto, a mio avviso, omeopatia e omotossicologia non devono escludersi o farsi la guerra, ma è auspicabile una loro completa integrazione, nel rispetto delle indicazioni e delle sfere di azione di ognuna – comunque sempre complementari – per il raggiungimento dello stato di salute, obiettivo di ogni atto terapeutico.

Minore dose, maggior effetto
Recentemente sono stati condotti esperimenti presso l’università di Milano circa l’efficacia biologica – documentabile in vivo – delle citochine (le citochine sono molecole proteiche modulatrici delle risposte immunitarie) diluite e dinamizzate (in termine tecnico sottoposte ad attivazione cinetica sequenziale, cioè a numerosi “scuotimenti o scosse” della diluizione) in modelli sperimentali di asma allergico e morbo di Crohn (malattia intestinale su base autoimmune). Dai risultati si è potuto evidenziare in maniera inequivocabile l’effetto delle “basse dosi”che altro non sono che diluizioni omeopatiche.

La memoria dell’acqua
Ancor più sconvolgenti e destabilizzanti le credenze della vecchia scienza, sono le conclusioni degli studi sulla possibilità dell’acqua di tradurre biologicamente un’informazione elettromagnetica, scoperta “per caso” dal premio Nobel Luc Montagnier: studi ripetuti e verificati da altri illustri scienziati (i fisici Emilio Del Giudice e Giuseppe Vitiello) che ne hanno confermato la riproducibilità: uno dei criteri essenziali per parlare di Scienza. Senza dimenticare le esperienze di Masaru Emoto e l’esperimento sulla memoria dell’acqua di Jacques Benveniste.
Questo grande scienziato, alcuni anni or sono stritolato da un processo mediatico di “damnatio memoriae” da parte della comunità scientifica, viene ora paradossalmente riabilitato dalla scoperta della possibilità, avallata da un premio Nobel per la medicina, che l’acqua possa essere il veicolo di informazioni, sotto forma di frequenze elettromagnetiche specifiche, in grado di trasmutare quella che “chiamiamo” Energia in quella che “chiamiamo”- ancora – “Materia”.
Il vero problema non è che i neutrini possano essere più veloci dei fotoni, né che oltre le colonne di Ercole possa riaffiorare il continente perduto di Atlantide, ma la paura, il terrore che le nostre ricerche possano pervenire a conclusioni per le quali divenga necessario “dover” riscrivere la nostra scienza, la nostra filosofia, la nostra politica, le nostre religioni, la nostra storia.
E concludo con la celebre affermazione di Arthur Schopenhauer:
“ogni verità attraversa tre stadi: prima viene ridicolizzata, poi violentemente contrastata, quindi accettata come evidente.”