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“MALEDETTI BAMBINI” di Giulio Cesare Giacobbe

“MALEDETTI BAMBINI” di Giulio Cesare Giacobbe

La crescita psicologica, lo sviluppo della personalità adulta e poi genitoriale, non è soltanto un problema individuale.
Non procura soltanto enormi sofferenze ai singoli individui.
Perché il rimanere bambini a venti, trenta, quarant’anni significa essere degli infelici cronici che pretendono siano gli altri, a doverli rendere felici.
Il che ovviamente è impossibile.
Ma è anche, e soprattutto, un problema sociale.
Perché i bambini di venti, trenta, quarant’anni, cercando sempre una sanzione del loro improbabile valore o una soluzione dei loro insolubili problemi in qualcun altro fuori di sé, sono socialmente pericolosi.
Infatti o sono collezionisti di potere, il che li porta a violentare gli altri.
O sono collezionisti di denaro, il che li porta a rapinare gli altri.
E tutti noi soffriamo le ingiustizie infertici da questi maledetti collezionisti di potere e l’indigenza impostaci da questi maledetti collezionisti di inutile ricchezza personale.
O sono pretesi possessori degli altri, il che li porta ad uccidere.
Eh, si, perché se gli altri non si lasciano possedere, come non è possibile, i bambini di venti, trenta, quarant’anni li uccidono.
Come la cronaca nera ci mostra tutti i giorni.
Dove mariti o amanti abbandonati uccidono sistematicamente donne che si sono volute liberare dalla loro delirante schiavitù.
Si dice: uomini che uccidono le donne.
Ma non è vero.
Non sono uomini.
Sono bambini.
E infatti uccidono anche i bambini, insieme alle donne.
Che non sono davvero i loro bambini, anche se davvero li hanno concepiti.
Che sono i loro rivali nella lotta per il possesso esclusivo della madre che nella loro pazzia credono assicuri loro la sopravvivenza.
E poiché sono imbecillamente convinti che senza quella mamma che ufficialmente fanno passare per moglie o amante, sono condannati alla morte, e la colpa è certamente di quella mamma che preferisce i rivali a loro, l’unica cosa che gli rimane da fare è vendicarsi e ucciderla insieme agli odiati rivali.
Il fatto che poi si uccidano pure loro non ci consola un gran che.
Perché non è una grande consolazione constatare che così facendo diminuiscono il loro
numero.
In quanto il loro numero è enorme.
Costituiscono, almeno in Italia, il novanta per cento della popolazione.
Maschile e femminile, senza distinzione.
Perché in una società iperprotetta e iperassistita, dove morire di fame è impossibile anche se non si sa fare e non si fa assolutamente niente per tutta la vita, dove le mamme tengono i figli attaccati al seno fino alla morte, crescere è impossibile.
E questi bambini di venti, trenta, quaranta e spesso cinquanta, sessanta e settant’anni, tristi portatori di una patologia terribile che li porta alla droga o al crimine o al suicidio inconscio della malattia, non solo trascinano disperatamente e senza scopo una vita piena di paura, ma infliggono ingiustizie, sopprusi, violenze e sofferenze all’intera società.
Perché spesso hanno posti di potere.
E spesso hanno ricchezze personali enormi e inutili.
Maledetti bambini.