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“LE COINCIDENZE COME ANTIDOTO – QUANDO LE SINCRONICITA’ FANNO DA GUIDA: LE STORIE VERE” di Gabriele La Porta

“LE COINCIDENZE COME ANTIDOTO – QUANDO LE SINCRONICITA’ FANNO DA GUIDA: LE STORIE VERE” di Gabriele La Porta

Un’unica forza, l’Amore, unisce infiniti mondi e li rende vivi.
Giordano Bruno

di Gabriele La Porta
Ho aperto con la citazione che avete appena letto perché il sapiente di Nola ha fatto della sua vita un unico inno all’amore.
Vedete, accorgersi delle “sincronicità” è già manifestazione di Eros, e con la guida di Afrodite è possibile cominciare a osservare quante volte l’asse temporale e spaziale si interrompa per introdurci nel mondo della simultaneità pluridimensionale. Un universo impossibile da scorgere qualora si adoperi esclusivamente la logica. Occorrono una sensibilità e un’accortezza tali da percepire la coesistenza di “infiniti mondi” affiancati e compenetrati in un’osmosi semplicemente inconcepibile con la ratio.
Il filosofo Elémire Zolla ha scritto che le simultaneità sono dovute all’improvvisa manifestazione nel nostro mondo di angeli benevoli. E forse l’antico sapiente Avicenna direbbe che questi angeli, malgrado il loro grande anelito verso il divino, non riescono a dimenticarci. Sono, probabilmente, i “soccorritori”, i parèdros, che di tanto in tanto mostrano agli umani la grandezza dell’Eterno. Quindi per entrare dentro la narrazione delle coincidenze meravigliose bisogna sviluppare quello che James Hillman, scrutatore dell’interiorità, chiama il “pensiero del cuore”. Nel mio libro “Tu chiamale se vuoi coincidenze” (La Lepre Edizioni) ho raccolto tante storie che mi sono arrivate attraverso alcuni programmi televisivi e poi mediante il mio blog. Ma questa è soltanto l’apparenza. Perché invero mi sono giunte perla gran parte quasi da sole, mediante racconti che numerose persone mi hanno inviato per lettera, per e-mail o mi hanno riferito direttamente a viva voce, aprendo a me e ora a voi il loro cuore. Altre ancora le ho trovate, “per caso”, su libri e periodici. Debbo anche dire che i protagonisti degli eventi “di cronaca” non avevano nessuna percezione dell’eccezionalità di quanto loro accaduto. Siamo tutti disabituati a intravedere la “brillantezza” del nostro vivere. Appiattiti in un’unica dimensione, fare per fare, siamo diventati sordi e ciechi rispetto alla meraviglia, che rifiutiamo perchè anestetizzati dal materialismo che ci ha risucchiati in una spirale di sopraffazione. Ebbene, per me, le coincidenze sono un antidoto. Perché in esse è possibile scorgere quella che un altro straordinario pensatore del passato, Marsilio Ficino, chiama una “necessaria follia”. Una storia di slancio che consente di abbattere la barriera asfittica della ripetitività del vivere angusto per la sola “materia”: lavoro-guadagno-lavoro. Una prigione.

Cominciamo con una storia
Quella di Silvana Mascia di Cagliari. Il suo racconto percorre la strada della vita e della morte, ma in un unico solco. Si comprende chiaramente, ascoltando le sue parole, come questi due momenti non siano poi così distinti, anzi. In sogno Silvana sta cullando un bambino, lo tiene tra le braccia e lo consola per fargli prendere sonno. E il bimbo si assopisce teneramente. Ma lei “sa” che quel piccino è in realtà suo padre. È come se l’anima di lui fosse entrata in un corpo di neonato per cercare pace e ristoro, per abbandonarsi alla tenerezza. Passano appena trenta giorni dal sogno e a Silvana accade di veder morire suo padre proprio tra le sue braccia. Armoniosamente.
Proprio come era accaduto nella dimensione onirica. Ma se andiamo a esaminare c’è molto di più che un’interposizione di piani. Perché il bambino è anche una nuova vita. Come un passaggio tra morte e rinascita. L’uomo decede e si trasferisce nella creatura. Da corpo inerme a corpo vivo. No, noi sappiamo pochissimo dei due regni. E, come afferma Luisa colli, siamo confusi soprattutto sull’universo del dio Ades, signore dei defunti. Abbiamo ormai la necessità di “vedere” al di là degli stereotipi che da secoli ci stanno ottenebrando. Dobbiamo andare oltre il buio in cui scientismo e letteralismo religioso ci hanno confinato. Una dimensione asfittica e disperata. Una vita breve, spesso piena di affanni e poi il nulla. Per liberarci di questa gabbia per prima cosa dobbiamo comprendere, nella nostra profondità, che la barriera sogno/vita è falsa. Non a caso Shakespeare dice nella Tempesta: “Non siamo forse noi fatti della stessa sostanza dei sogni?”.
Le sincronicità, come accaduto a Silvana, possono verificarsi in sogno, ma tante altre volte compaiono all’improvviso e quasi senza motivo apparente nei nostri pensieri. Ci si presentano sotto forma di visione, di premonizione, di intuizione. Potrei dire che sono nelle pieghe di questa materia di cui è intessuto tutto l’universo, quella stessa sostanza immateriale di cui parla Shakespeare. Queste pieghe sono delle esuberanze del tempo e dello spazio, dentro sembra esserci appoggiato il nostro destino. Quando incontriamo una di queste pieghe, soffici come quelle della seta o spumeggianti come quelle delle nuvole e delle onde del mare, ci appaiono le sincronicità che la logica non ci può spiegare. Dobbiamo forse pensare che nel mondo delle coincidenze tutto ruota intorno al concetto di amore. Un concetto di armonia che, se introdotto nella nostra vita, può salvarci dall’illusione di poter vivere separati da ciò che ci circonda. Viviamo sempre proiettati verso noi stessi, la nostra carriera, la nostra casa, le nostre cose. L’amore ci mostra i legami che si instaurano fra “noi” e “l’altro”: è una forza dirompente che ci fa oltrepassare il nostro ego e ci permette di connetterci con il mondo intorno a noi. Forse è per questo legame, che le donne stabiliscono facilmente tra il proprio cuore le emozioni profonde, che molte storie partono dall’universo femminile. Riguardano il rapporto con chi è più debole, indifeso, malato. Prerogativa che appartiene al Cristo dei Vangeli, come ha ampiamente dimostrato Thomas Moore in L’Acqua in vino (edito da Moretti & Vitali).