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“JANE E TARZAN IN CAMERA DA LETTO – CONSIGLI YIN E YANG DI COMUNICAZIONE E SPIRITUALITA’ ” di Franco Nanetti

“JANE E TARZAN IN CAMERA DA LETTO – CONSIGLI YIN E YANG DI COMUNICAZIONE E SPIRITUALITA’ ” di Franco Nanetti

di Franco Nanetti

Ogni problematica sessuale, come ogni rapporto di coppia è un koan, un costante confronto con paradossi o conflitti insolubili.
Si cerca protezione ma nello stesso tempo si vuole libertà.
Si agogna la forza nell’autoaffermazione ma ci si deve confrontare con la propria vulnerabilità nel momento in cui ci si abbandona al partner.
Tutto succede alla luce di qualcosa che in noi è percepito come mancante, e per questo sovente fonte di vergogna.
I problemi sessuali, come i koan, come i conflitti di coppia, sono insolubili, nel senso che non sono risolvibili per “via sessuale”.
Ogni problematica sessuale, fatto salvo rare situazioni, è un conflitto di intrapsichico ed interpersonale tra due territori della comunicazione che sono diventati incompatibili.
Per questa ragione la guarigione comporta il percorrere almeno due vie: una di natura psicologica, orientata al riconoscimento
e “trasformazione” della paura, ed una di natura spirituale, orientata ad un percorso di autotrascendimento.

Rispettare la propria natura
Il maschile per natura è aggressivo, è come direbbe W.Nelles (2008), “è privo di scrupoli, guarda avanti e mai indietro”.
L’aggressività maschile, a cui si riferisce il collaboratore di Bert Hellinger, non ha a che fare con la rabbia e la violenza, ma con l’avanzamento della vita e con la lotta. Come ogni spermatozoo deve farsi spazio per fecondare e non morire, così è anche per il comportamento maschile.
Spesso tale aggressività può essere percepita come minacciosa, tanto che alcune donne sono spaventate talora dal corteggiamento di un uomo che fa avance risolute e dirette.
Se l’aggressività maschile viene troppo osteggiata o vilipesa dalla donna, l’uomo si percepisce sempre più insicuro, con la conseguenza in alcuni casi di essere sempre più ansioso, incapace di esporsi, in altri di diventare violento o cronicamente fedifrago al fine di coprire la propria vulnerabilità e non doverla più neppure mostrare a se stesso.
L’aggressività maschile, se espressa in modo conveniente, non dovrebbe mai essere mai demonizza nè derisa dalla donna, ma rispettata e apprezzata.

Il femminile è accoglienza e recettività
Se la donna sa ricevere con dolcezza, la forza aggressiva dell’uomo si trasforma in passione. Ma se la donna diventa troppo fallica, dirige e organizza ogni cosa, consiglia e protegge troppo, l’uomo si rende sempre più debole e per questa ragione verrà prima o poi rifiutato, perché nel codice dell’anima di ogni donna c’è l’essere presa, protetta e guidata.
Spesso le donne “castratrici” si lamentano di essere condannate a vivere con uomini sempre più bamboccioni e infantili che non sanno prendere decisioni, che “non hanno le palle”, e che non si sanno prendere le giuste responsabilità.
Ciò è vero, ma finché questa aggressività anziché venire assimilata e manifestata dagli uomini, viene sempre più assunta da donne virago, gli stessi uomini non possono fare altro che mettersi in fuga o nell’impotenza o nella perdita del desiderio o diventare stupidi mammoni sempre più protesi ad accudire il figlio anziché occuparsi della propria compagna.
Il problema di coppia, come ogni altro problema, necessita sempre di una “visione polare” delle cose.

Identificarsi positivamente con il genitore dello stesso sesso
Una prima via perché uomo e donna possano rapportarsi in modo più costruttivo, parte dalla necessità che entrambi imparino ad accettarsi per quello che ognuno di loro è, a partire dalla propria identità profonda.
Perché ciò accada ognuno deve trovare un luogo di corretta vicinanza con il genitore di sesso corrispondente: “il ragazzo deve andare verso il padre, e la ragazza verso la madre”.
Se un ragazzo si confida sempre e solo con la madre, rimarrà sempre piccolo, sempre bambino, non crescerà mai. Se una ragazza starà sempre a cincischiare seduttivamente con il padre, talora apparentemente confliggendo con lui, non potrà mai accettare il femminile che è in lei, così rimarrà un’eterna bambina civettuola, talora troppo arrogante, talora troppo compiacente.
Ognuno può rispettare l’altro sesso solo se ha accettato profondamente se stesso e la propria identità sessuale, conquistata attraverso un percorso di avvicinamento al genitore di sesso corrispondente. Quando una donna, non accettando il proprio femminile, si blocca nella paura di fronte ad un uomo percepito come troppo invadente e penetrativo, abbiamo numerosi sintomi: dismenorrea (forti dolori mestruali), menoraggie (mestruazioni abbondanti), vaginismo e dispaurenia (dolore genitale associato al rapporto sessuale) ciste ovariche ed endometriosi (quando la mucosa uterina s’impianta in altri organini e distretti).
Quando un uomo non accetta il proprio lato maschile e non rischia più la propria aggressività, è sempre dominato dall’ansia di non farcela e fallire. Da qui l’impotenza, anorgasmia, l’eiaculazione precoce, l’ipertrofia prostatica, l’herpes genitale, talora causata dalla paura di perdere l’erezione, talora da sensi di colpa per precedenti tradimenti.

Il coraggio della vulnerabiltà
La sessualità tantrica è considerata da Osho un potente istintivo ritorno alla realtà suprema, una forma di meditazione, una piccola morte dell’Ego che apre le porte ad una connessione più vasta, ad un fluire verso lo stato del nirvana.
La sessualità tantrica non è rappresentata dalle tecniche ma dal sapersi lasciare andare, affinché le istanze egoiche crollino e – come afferma Osho – “si ritrovi la propria innocenza e si entri nella danza della vita”.
Lasciarsi andare, abbandonarsi all’altro è un abbandonare l’Io per ritornare all’essenza del Sé (Nirvana), a patto che, come afferma ancora Osho: “Ora tu non cerchi di dimostrare più nulla, che tu con il tuo partner decida di pregare con lui, giocare e cantare, danzare con lui, a patto che accetti di perderti in lui”. Solo perdendo il controllo ci si connette con il tutto e il sesso può diventare viatico per una vita spirituale.
In questa accezione, si comprende che la sessualità tantrica non è più concepita come atto performativo ma come il coraggio di lasciarsi andare nell’intimità fino a quel punto in cui è possibile sconfiggere la paura della vulnerabilità, causa di ogni forma di sessualità pervertita o degenerata.

Quando entriamo nell’intimità diventiamo vulnerabili
Talora per fuggire dalla vergogna della nostra vulnerabilità ci spingiamo verso una sessualità pervertita, che non è altro che una sessualità dissociata dall’intimità, dove l’altro non è soggetto di un’esperienza affettiva, ma è oggetto del “proprio ed esclusivo” piacere.
La sessualità pervertita è espressione di un conflitto insanabile tra una paura terrifica della propria vulnerabilità e la contrapposizione di una maschera egoica che cerca in ogni modo di contrastarla, o reprimerla nella forma della protesta virile (machismo o seduzione fallica), della fuga dal desiderio (diminuzione dell’eccitazione, anorgasmia, vaginismo, impotenza ecc.) o della “mondanizzazzione” dell’atto sessuale (prostituzione, pedofilia, commercio di minori ecc.). Entrare nella sessualità tantrica significa svolgere un importante lavoro circa il superamento delle emozioni di umiliazione e rifiuto che si connettono con la maschera egoica.
Tutte le problematiche sessuali rispondono ad un fallimento delle difese egoiche o difese della maschera contro la paura di venire umiliati o rifiutati.
Una donna, di nome Maria, racconta di essere diventata frigida perché terrorizzata dall’idea che il marito potesse scoprire che lei – pur di gratificarlo – simulava l’orgasmo.
La quasi totalità delle difficoltà sessuali sono il riflesso di difese all’umiliazione “fallite”, difese che non riescono nel proprio intento di proteggere la maschera narcisistica.
La prima difesa è la protesta virile, usata nel tentativo di sconfiggere la paura di non farcela.
Oltre la protesta virile abbiamo una seconda difesa dalla paura della vulnerabilità, che possiamo indicare nella tendenza di allontanarsi dal desiderio o nella forma manifesta -diminuzione dell’eccitazione, anorgasmia, vaginismo, impotenza- o nella forma indiretta attraverso disfunzioni, dolori ai genitali, infiammazioni ed infezioni, contrazioni, o attraverso il tentativo di relegare l’atto sessuale in situazioni abnormi dove è possibile giustificare la caduta del desiderio: come il fare l’amore in ascensore, nei gabinetti, in aereo.
La terza difesa sta nel pervertire l’oggetto sessuale, ossia nel trasformare l’altro in oggetto di godimento, distaccandolo dall’affettività e rendendolo “strumento” manipolabile per il proprio ed esclusivo piacere. Da qui la tendenza ad andare con prostitute, con bambole gonfiabili, alla masturbazione pornografica o alla compulsione fedifraga.

Dalla sessualità tantrica alla sessualità dharmica
In una sessualità di tipo tantrico possiamo trovare le modalità per iniziare un percorso di evoluzione spirituale, ma talora per non incappare in cattive sorprese, occorre evitare alcuni pericoli.
Il maggior pericolo che si potrebbe incontrare è quello di arrivare in alcuni casi a una sessualità senza limiti che non è più governata dalla coscienza “superiore”, ma che viene scaricata senza alcuna attenzione all’oggetto d’amore che rimane forzatamente alienato dalla scambio affettivo.
Si deduce che una sessualità di questo tipo non consente di sperimentare l’intimità.
In tal caso non serve relegare tutta la sessualità all’esperienza tantrica, in quanto va recuperata una sessualità di tipo dharmico connessa con lo scopo di tornare alla persona, alla relazione, all’amore e non al semplice piacere del godimento e della potenza.
Afferma James Hilmann (1997) “Rimuovere la spiritualità dall’alto, dal Dio da lassù, per portarlo esclusivamente nel profondo dell’inconscio corporeo, può portare ad una sessualità senza controllo, governata dal diavolo”. Se la sessualità tantrica è un dono creativo, in alcuni casi per personalità labili, può diventare l’occasione per lasciare esplodere forze demoniache. Come afferma ancora Hillman (2001): “I miti di Ercole, Ulisse e Gilgamesh, come i riti di iniziazione, ci indicano come l’aspetto demoniaco bisogna dominarlo o evitarlo sacrificarlo, o tenergli testa (…). La dimensione ombra della sessualità, deve essere liberata dalle sue componenti incestuose per connettersi con l’amore e con la tenerezza” e per questo deve essere educata e sviluppata, attraverso un riconoscimento della parte più primitiva che ci abita affinché questa non si esprima in modo caotico e compulsivo.
In un percorso di guarigione non possiamo rifarci solo all’esperienza di una sessualità che nasce dal basso, ma anche ad una sessualità che nasce dall’alto.
Se il coinvolgimento affettivo-sessuale si declina nella prosopopea narcisistica o nel gioco di un piacere autarchico che nega l’alterità, occorre temporaneamente abbandonare la sessualità tantrica per intraprendere un lavoro di purificazione dharmica della sessualità stessa.
Tale lavoro procede in primis come riconoscimento della nostra parte “bestiale” e poi in un secondo momento come riscatto da questa parte con una ricerca dei valori che sono di sostentamento a una sessualità improntata al rispetto e alla compassione, “alle gerarchie della trascendenza” e alla volontà di seguire condotte che non offendono.

Per crescere spiritualmente ci vogliono confini e visioni chiare
Perché vi sia un autentico percorso di liberazione occorre da un lato perdere il controllo sui nostri stati di egoicità (sessualità tantrica), e nello stesso tempo per non cadere vittima di azioni “mostruose”, occorre portare alla luce qualcosa che deve passare al vaglio della coscienza riflessiva o superegoica (sessualità dharmica).
Se la repressione sessuale è fonte di molteplici danni, perché senza una libera sessualità non c’è gioia, l’acting out (seppur nella ricerca dell’estasi e del nirvana) senza controllo può non dare i risultati sperati, soprattutto se la persona sta attraversando un momento di non chiara definizione di sé.

Repressione ed acting out sono due facce della stessa medaglia
La ricerca della coscienza nirvanica come superamento della condizione egoica, necessita di gradualità e non di salti quantici; non bastano orgasmi provati e provocati, non basta fare uso di droghe o sostanze energizzanti che svuotano l’Ego, perché il processo di liberazione avvenga; lo sviluppo della coscienza necessita di un continuo impegno volto ad esaminare conflitti e vincoli, e non una fuga da essi.
La conquista di una sessualità matura necessita sia di una un percorso di liberazione dal basso, sia di una visione etica dell’esistenza, liberazione dall’alto, che sappia promuovere stati di non egoicità, quali: la sobrietà, l’umiltà, l’amore, la gentilezza, la pazienza, la santità e la castità.
Ogni percorso di ascesi spirituale reclama da un lato il coinvolgimento, una spiritualità dal basso che interpella il corpo, e dall’altro il richiamo al mondo dei valori e degli ordini universali, perché, come afferma ancora Hilmann (2001) “Quando il Dio interiore cede alla violenza occorre ritornare ai suoi principi morali che guidano”, ossia quando la scarica pulsionale irrompe in modo cinico e perverso, occorre ritornare ad una sessualità che sia al servizio della persona e non solo del piacere. La vera cura delle problematiche sessuali è autentica intimità. Essa si attua quando sia la donna che l’uomo con difficoltà desistono dal volere a tutti i costi vivere la sessualità in termini performativi, ed accettano la sfida di mettersi in contatto con le proprie paure: la donna con la paura di essere in balia dell’uomo se non controlla o fantastica di venire dominata ed annientata, l’uomo con la paura di essere troppo aggressivo o di non farcela se diventa troppo attivo e penetrativo.
La vera guarigione è un percorso etico che rimette in luce spontaneità, rispetto, tenerezza, amore.
Facile a dirsi.
Si sa l’amore esige consapevolezza, perché le forme inautentiche dell’amore sono molteplici.
La notte dell’anima sta nella viltà, in una debole ricerca della verità.
Occorre non desistere di fronte alle difficoltà.
Nella tradizione buddhista è detto “Più grande è l’ostacolo, più grande è l’illuminazione”.
Il segreto sta ancora una volta nell’affrontare anche gli ostacoli alla guarigione con dolcezza, compassione e fiducia, perché anch’essi sono un’opportunità per trasformarci ed evolvere.