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“GURDJEFF – UN PADRE DELLA PSICOSINTESI” di Fabio Guidi

“GURDJEFF – UN PADRE DELLA PSICOSINTESI” di Fabio Guidi

di Fabio Guidi

In principio fu…
Carl Gustav Jung, in una lettera dell’aprile del 1909 a Freud, ebbe ad affermare, in disaccordo con il maestro viennese, che “se esiste una psicoanalisi, dev’esserci anche una psicosintesi”, orientata al futuro della psiche e non semplicemente al suo passato. Ciò sta a indicare che l’espressione ‘psicosintesi’, seppur affermatasi a partire dall’opera di Roberto Assagioli non può essere circoscritta al movimento omonimo inaugurato dallo psichiatra fiorentino, così come l’espressione ‘psicoanalisi’ – che ormai conta innumerevoli approcci al proprio interno – non può certamente essere ridotta al metodo classico elaborato da Freud.
Assagioli, per la preparazione della sua tesi di laurea in medicina, si trasferì alla fine del 1907 (aveva appena 19 anni!) alla clinica psichiatrica universitaria di Zurigo, il Burgholzli, dove ebbe modo di conoscere Jung. È del tutto plausibile che l’assunzione del termine ‘psicosintesi’ da parte di Assagioli si debba alla cordiale frequentazione negli anni successivi con lo psichiatra svizzero – tanto più che in quel periodo Assagioli utilizzava il termine «psicagogia» per riferirsi al suo nuovo orientamento.
Alcuni anni dopo, nel 1926, Assagioli pubblicò un opuscolo in lingua inglese, Psychosyntesis – A new method of Healing, e, finalmente, nel 1933 la scuola da lui fondata a Roma prese il nome ufficiale di Istituto di Psicosintesi. Molti anni dopo, nel 1966, in una lezione tenuta all’Istituto, lo psichiatra fiorentino affermerà che “Jung è fra tutti gli psicoterapeuti quello che è più affine e vicino alle posizioni e alla prassi della Psicosintesi”.

Psicosintesi, la prima tappa della crescita interiore
La ‘psicosintesi’, in definitiva, costituisce non tanto una particolare scuola psicologica, quanto una tappa determinata del lavoro di crescita interiore. Jung fu il primo a osservare che, dopo una fase analitica, qualora il trattamento arrivi a un punto morto, la «cura dell’anima» deve aprirsi a una nuova fase psicosintetica. Da questa idea nasce l’intero geniale lavoro dello psichiatra svizzero, il quale una volta osservò, durante una sua conferenza, “ciò che io ho da dire inizia dove la cura finisce e inizia lo sviluppo”.
Ecco, la ‘psicosintesi’, di per sé, non si occupa di terapia in senso stretto, ma di tutto quanto riguarda l’evoluzione interiore dell’uomo, cioè il pieno sviluppo delle sue potenzialità, la realizzazione della sua Essenza. È evidente, pertanto, come la ‘psicosintesi’ rappresenti un contenitore molto vasto in cui possono essere fatte rientrare scuole apparentemente assai diversificate.
Ora, se la relazione tra Jung e Assagioli, in ordine alla teoria e alla prassi psicosintetica, è fuori discussione, non molti sanno che nell’Inghilterra all’inizio degli anni Venti, il «mondo della psicosintesi» – così come viene riferito da James Moore – si raccolse intorno a un personaggio di primo rilievo, vale a dire l’ineffabile maestro armeno George Ivanovitch Gurdjieff. Soprattutto è da segnalare la figura dello psichiatra Maurice Nicoll, che era stato prima intimo amico, collaboratore e probabile successore di Jung, ma in seguito si era trasferito presso l’Istituto per lo Sviluppo Armonico dell’Uomo, fondato da Gurdjieff nei pressi di Parigi, diventandone allievo per un intero anno (1922-1923). Può essere interessante anche osservare che lo stesso Jung – a detta di H. J. Sharp – pare abbia intrattenuto almeno in un’occasio ne una conversazione privata con Gurdjieff, anche se non esistono documenti letterari che testimonino il rapporto tra i due.
Queste note introduttive di tipo storico, diciamo così, ci sono utili per indagare il significato intimo del termine ‘psicosintesi’. A questo scopo, dobbiamo anzitutto osservare che le idee fondamentali di Gurdjieff riguardo al ‘Lavoro’ si ritrovano in modo sorprendente all’interno della Psicologia Transpersonale, nell’elaborazione assagioliana della Psicosintesi. Vediamo un po’ meglio questo punto.

Gurdieff, l’unione tra  psicosintesi e spiritualità
Gurdjieff non parla mai, in riferimento al suo «Lavoro», di spiritualità. Dice solo che l’uomo ordinario è profondamente addormentato e che ha bisogno di una serie di sveglie, sempre più potenti, per poter attingere a un qualche grado di coscienza di sé. Per far questo l’uomo ha bisogno di lavorare all’interno di un gruppo, sotto le direttive di qualcuno che, in base alla sua esperienza di lavoro svolto precedentemente su di sé, sia in grado di organizzare l’attività. “Il lavoro comincia di solito con un piccolo gruppo. Questo gruppo è generalmente in rapporto con tutta una serie di gruppi analoghi di differenti livelli che costituiscono, presi nel loro insieme, ciò che può essere chiamato una scuola preparatoria.”
Una ‘scuola preparatoria’ è ciò che costituisce l’impegno necessario per poter poi accedere al lavoro spirituale vero e proprio. Anche una scuola preparatoria non è consentita a tutti, ma solo a coloro che dimostrano di essere sufficientemente ‘adulti’. Gurdjieff, in una lezione tenuta nel 1923 agli allievi del Prieuré, ricordava loro che “qui facciamo solo cose che si addicono a persone adulte”, intendendo che la scuola era riservata solo a chi fosse in grado di mantenere il distacco – da sé e dalle proprie nevrosi – necessario a mantenere la giusta motivazione e l’impegno preso a portare avanti il Lavoro. Colui che manifesta atteggiamenti infantili è più adatto alla terapia, almeno fino a quando non diventi sufficientemente centrato.
Per indicare questa fase preparatoria al lavoro spirituale vero e proprio, Assagioli parla di «psicosintesi autoformativa», che – a differenza della terapia – è rivolta a coloro che, sufficientemente liberi dalla sofferenza psichica, “vogliono diventare i signori del proprio reame interno”.
In pieno accordo con il Lavoro gurdjieffiano, la psicosintesi di Assagioli è, di per sé, “una concezione dinamica e, si potrebbe dire, drammatica della vita psichica , quale lotta fra una molteplicità di forze ribelli e contrastanti e un Centro unificatore che tende a dominarle, a comporle in armonia, a impiegarle nei modi più utili e creativi. La psicosintesi è poi un insieme di metodi di azione psicologica volti a favorire e a promuovere quell’integrazione e armonia della personalità umana”.
Tale armonizzazione renderà possibile uno sviluppo successivo sul piano spirituale, meta della psicosintesi transpersonale, ciò che Gurdjieff definisce, semplicemente, la Via.
Cambia il linguaggio, così come l’accento su certi strumenti piuttosto che altri, ma il modello di fondo rimane lo stesso. Tale «modello psicosintetico», successivo al lavoro psicoanalitico e preparatorio a quello spirituale, può essere riassunto in breve, soffermandoci su alcuni sostanziali aspetti gurdjieffiani della Psicosintesi di Assagioli. Del resto, è assodato che lo psichiatra fiorentino conoscesse la «Quarta Via» di Gurdjieff, attraverso gli scritti del suo più brillante espositore, Ouspensky.
La constatazione di base riguarda la fondamentale molteplicità dell’essere umano. Gurdjieff è chiaro in proposito: “L’uomo è un essere multiplo. Solitamente, parlando di noi stessi, diciamo ‘io’. Diciamo: io faccio questo, io penso quello, io voglio fare quell’altro. Ma è un errore. Questo io non esiste o, meglio, in ciascuno di noi ci sono centinaia, migliaia di piccoli io.” Assagioli, analogamente, parla di «sub-personalità» – un concetto fondamentale della Psicosintesi – affermando che, per risvegliarci, “occorre innanzitutto fare un atto di coraggio e guardare in faccia la realtà; occorre riconoscere la molteplicità psicologica che è in noi, le varie sub-personalità che in noi coesistono.”
Dalla prima costatazione deriva automaticamente la seconda: l’uomo è un essere impotente, incapace di ‘fare’ alcunché, fino a quando non sviluppa una vera volontà. Gurdjieff non nutre un particolare ottimismo nei confronti dell’uomo ordinario: “Noi siamo delle macchine. Siamo totalmente condizionati dalle circostanze esteriori. Tutte le nostre azioni seguono la linea di minor resistenza alla pressione delle circostanze esterne.” Anche per Assagioli non è possibile parlare di una volontà, se prima l’individuo non ha raggiunto un centro sufficientemente stabile. “L’Io e la volontà sono intimamente legati”, egli afferma, il che significa che in assenza di un Io centrale (il gurdjieffiano «centro di gravità permanente»), si fanno strada solo gl’innumerevoli impulsi e desideri dei diversi e contrastanti piccoli io, o subpersonalità.

Conosci te stesso e conquisterai il mondo
Il primo passo per ottenere un reale possesso di sé e la libertà interiore consiste nel seguire il motto socratico del «conosci te stesso». “Ciò che è più vicino a noi è l’uomo e, tra tutti gli uomini, tu sei quello più vicino a te stesso. Inizia a studiare te stesso; ricorda il detto «Conosci te stesso»”, ci ricorda Gurdjieff, nel senso di un’osservazione attenta e sistematica di ogni aspetto dei nostri condizionamenti caratteriali. È risaputo che il motto della Psicosintesi assagioliana è «Conosci possiedi trasforma te stesso» e che, al suo interno, “il primo passo, perciò, consiste nell’accorgersi di tutto quello che esiste e si agita in noi.” Solamente attraverso la conoscenza di sé possiamo aspirare all’acquisizione di un dominio interiore e, infine, alla trasformazione della nostra personalità in accordo con il Sé profondo.
Il lavoro su di sé prevede la comprensione profonda degli elementi fisico, emotivo e mentale della personalità, in modo da sviluppare gli aspetti carenti e integrarli successivamente intorno a un centro superiore. Gurdjieff descrive questi tre elementi (o «centri») attraverso l’analogia della carrozza: “Forse rammentate che avevo paragonato l’uomo a una carrozza con un padrone, un cocchiere, un cavallo e una vettura. Il padrone è fuori discussione perché non c’è.” La vettura rappresenta il centro fisico, il cavallo il centro emotivo e il cocchiere quello mentale. Il padrone, che rappresenta la vera soggettività, non è preso in considerazione da Gurdjieff, in quanto l’uomo ordinario – come già abbiamo avuto modo di notare – non possiede un vero Io. Ugualmente, Assagioli divide la personalità umana nelle sue componenti fisica, emotiva e mentale, a cui si aggiunge la componente spirituale, il Sé profondo, che potrà affermarsi solo dopo aver raggiunto lo sviluppo e l’armonizzazione dei primi tre aspetti.

Il nutrimento essenziale è quello del proprio sé
La conoscenza delle leggi dello psichismo deve orientare l’intera esistenza, dal momento che il «lavoro» su di sé non può essere limitato all’esercizio di certe attività e alla pratica di alcune tecniche. Gurdjieff ci invita a porre una continua attenzione a tutto ciò che contribuisce a determinare il nostro ‘livello d’essere’: “L’organismo umano riceve tre tipi di nutrimento: 1) il cibo che mangiamo; 2) l’aria che respiriamo; 3) le nostre impressioni. Non è difficile capire che l’aria è un genere di alimento per l’organismo, ma può apparire difficile, a prima vista, comprendere come le impressioni possano essere un nutrimento. Dobbiamo tuttavia ricordarci che ogni impressione esterna, sia che prenda la forma di suono, di visione, di odore, noi riceviamo dall’esterno una certa quantità [e qualità, NdA] di energia, un certo numero di vibrazioni. Questa energia che dall’esterno penetra nell’organismo è un nutrimento.”
Anche Assagioli sottolinea l’importanza di coltivare “un atteggiamento generale verso la vita di ogni giorno”, attraverso l’utilizzo sapiente delle «leggi psicologiche». Una vera e propria coscienza psico-ecologica è consapevole delle energie che inevitabilmente assorbiamo attraverso le persone o gli ambienti che frequentiamo, delle immagini, della musica e delle informazioni che riceviamo, delle letture che facciamo, dell’influenza dei nostri atteggiamenti corporei sulla nostra psiche, e così via.
Per concludere, ogni serio lavoro che rispetti i punti precedenti, può a ben ragione definirsi ‘psicosintesi’. Analogamente, un intervento che intenda collocarsi all’interno della scuola assagioliana e non li onori, rimane al di fuori dello spirito psicosintetico e si riduce a pura ‘imitazione’, un guscio vuoto.