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“Gialàl-ad-Dìn Rūmī – IL POETA DI DIO” di Francesco Mazzarini

“Gialàl-ad-Dìn Rūmī – IL POETA DI DIO” di Francesco Mazzarini

Qualcuno lo definisce, senza troppa esagerazione, “il più grande poeta mistico di tutti i tempi”.
Come spesso accade i mistici non amano parlare molto di loro stessi, così Gialàl-ad-Dìn Rūmī ha deciso di comunicarci solamente i dati indispensabili della sua esistenza visibile. Alcuni aneddoti sulla sua vita si possono però trovare nel “Manàqib al-Arifin” di al-Aflàkì, discepolo di un nipote di Rūmī.
Il poeta nacque nel 1207 in Persia, ed è fondatore della confraternita dei Dervisci Rotanti (Mevlevi).
Due eventi spirituali furono determinati nella vita di Rūmī. Uno fu l’incontro, nel 1244, con il misterioso personaggio noto come Shams-i Tabrīz (il sole di Tabrīz), suo maestro spirituale che sembra sia stato uno di quei tipici dervisci vaganti, simili per certi versi agli jurodivyj russi, un “pazzo sacro” di indiscutibile fascino. Per un anno entrambi si dedicarono interamente ad una ricerca spirituale, che destò un notevole scandalo, che portò alla scomparsa di Shams in misteriose condizioni. A seguito della morte di Shams, Jalāl al-Dīn ebbe un momento di particolare capacità creativa che lo portò a comporre una raccolta di poesie comprendenti ben trentamila versi. Più avanti negli anni compose un’altra raccolta di componimenti poetici suddivisa in sei libri contenente più di 40mila strofe.
Il secondo evento fu la conoscenza, a Damasco, con Ibn Arabi, grande mistico islamico, tra i più grandi teorizzatori della waḥdat al-wujūd o “unità dell’essere”. Rūmī riesce a fondere in modo perfetto l’entusiasmo inebriato di Dio di Shams-i Tabrīz, con le sottili elucubrazioni e le visioni di Ibn al-’Arabi. La realtà terrena, sostiene, non è che un riflesso della realtà simbolica che è la vera realtà.
Le opere principali di Rūmī sono due: uno è il Dīwān o canzoniere, noto come Divan-i Shams-i Tabrīz (“Canzoniere di Shams-i Tabrīz”). L’appellativo è anche esteriormente, ben meritato, trattandosi di una raccolta di odi veramente immensa. L’altro è un poema lungo a rime baciate, forma che si chiama comunemente in persiano “Masnavī” e noto appunto come Masnavī-yi Mànavi (“Masnavī Spirituale”).

L’UOMO DI DIO

L’Uomo di Dio è, senza vino, ubriaco,
l’Uomo di Dio è, senza cibo, già sazio.
L’Uomo di Dio è pazzo e stupito,
l’Uomo di Dio non mangia e non dorme.
L’Uomo di Dio è re sotto il saglio,
l’Uomo di Dio è in diroccate rovine tesoro.
L’Uomo di Dio non è d’aria e di terra,
l’Uomo di Dio non è d’acqua e di fuoco.
L’Uomo di Dio è mare senza sponde,
l’Uomo di Dio piove perle senza bisogno di nube.
L’Uomo di Dio ha cento lune e cieli,
l’Uomo di Dio ha pur cento soli.
L’Uomo di Dio è per Realtà sapiente,
l’Uomo di Dio non ha dottrina di libro.
L’Uomo di Dio è oltre fede e non-fede,
l’Uomo di Dio è oltre il male ed il bene.
L’Uomo di Dio è cavaliere venuto dal Nulla,
l’Uomo di Dio è venuto su glorioso destriero.
L’Uomo di Dio è Shams ad-Din nascosto,
l’Uomo di Dio tu cerca e tu trova!

PREESISTENZA
Io ero, nel tempo in cui non erano i Nomi, e nessuna traccia v’ era d’ esistenza d’ esseri.
E il ricciolo dell’ Amico eterno era l’ unica traccia di vero e l’ unico oggetto era Dio!
E tutti gli oggetti e nomi promanarono da Me, in quell’ attimo eterno quando nè Me nè Noi v’ era!

E in quell’ attimo antichissimo e primo mi prostrai a Dio, quando ancora Gesù non fremeva in seno a Maria.
Da un capo all’ altro percorsi tutta la Croce, e tutti i Nazareni conobbi: sulla Croce non c’ era!
Nella pagoda andai, nel tempio dei monaci antico andai: nessun colore, colà, m’ apparve di Lui.
Le redini della ricerca volsi allora alla Ka’ba, ma là, in quella mèta di giovani e vecchi, nulla v’ era.
E viaggiai verso Herat e viaggiai verso Qandahar, e sotto cercai, e sopra cercai; ahimè, anche là non era!

E volli spingermi ancora fino alla cima dei monti Qaf ai confini del mondo;
della Fenice eterna, là, traccia non v’ era!
e ne chiesi allora alla Tavola di Diaspro e al Càlamo di Dio, ma, e l’ uno e l’ altro muti, non federo parola.
E l’ orecchio mio, capace solo di Dio, non vedeva dovunque altro che qualità e forme estranee all’ Eterno.

E, infine, mi fissai lo sguardo nel cuore, ed ecco, là io Lo vidi, in nessun altro luogo che là, Egli era!
E, per vero, così perplesso, stupefatto ed ebbro ne fui che un atomo solo dell’ essere mio più non si vide.
Io più non ero.
E viaggiai verso Herat e viaggiai verso Qandahar, e sotto cercai, e sopra cercai; ahimè, anche là non era!

E volli spingermi ancora fino alla cima dei monti Qaf ai confini del mondo;
della Fenice eterna, là, traccia non v’ era!
e ne chiesi allora alla Tavola di Diaspro e al Càlamo di Dio, ma, e l’ uno e l’ altro muti, non federo parola.
E l’ orecchio mio, capace solo di Dio, non vedeva dovunque altro che qualità e forme estranee all’ Eterno.

E, infine, mi fissai lo sguardo nel cuore, ed ecco, là io Lo vidi, in nessun altro luogo che là, Egli era!
E, per vero, così perplesso, stupefatto ed ebbro ne fui che un atomo solo dell’ essere mio più non si vide.
Io più non ero.

QUANDO UN UOMO E UNA DONNA DIVENTANO UNO
Ho coperto i miei occhi
con la polvere della tristezza,
finché entrambi furono un mare colmo di perle.
Tutte le lacrime che noi creature versiamo per lui
non sono lacrime, come pensano molti, ma perle….
Mi lamento dell’anima con l’anima,
ma non per lamentarmi: dico solo le cose come stanno.
Il cuore mi dice che è angosciato per lui
ma io non posso che ridere di questi torti immaginari.
Sii giusta, tu che sei la gloria del giusto.
Tu, anima, libera dal “noi” e dall’”io”,
spirito sottile in ogni uomo e donna.
Quando un uomo e una donna diventano uno,
quell’uno sei tu.
E quando quell’uno è cancellato, tu sei.
Dove sono questo “noi” e questo “io”?
A lato dell’amato.
Tu hai fatto questo “noi” e questo “io”
perché tu potessi giocare
al gioco del corteggiamento con te stesso,
affinché tutti i “tu” e gli “io” diventino un’anima sola
e infine anneghino nell’amato.
Tutto ciò è vero. Vieni!
Tu che sei la parola creatrice: Sii.
Tu, al di là di qualunque descrizione.
E’ possibile per l’occhio fisico vederti?
Può il pensiero comprendere il tuo riso o la tua pena?
Dimmi, è possibile vederti?
Soltanto di cose in prestito vive questo cuore.
Il giardino d’amore è infinitamente verde
e dà molti frutti oltre alla gioia e al dolore.
L’amore è al di là di entrambe le condizioni.
Senza primavera, senza autunno, è sempre nuovo.

LA ZANZARA SCIOCCA
Vedendo un fuscello di paglia galleggiare su una pozza di urina d’asino, la zanzara alzò la testa e disse a se stessa: «È tanto tempo che sogno l’oceano e un vascello. Eccoli!». Quella pozza le sembrava profonda e senza limiti perché il suo universo ha la dimensione dei suoi occhi: simili occhi non vedono che simili oceani. Improvvisamente il vento spostò leggermente quel fuscello. La zanzara esclamò: «Che grande comandante sono!»